C’è solo da esprimere soddisfazione dinanzi all’iniziativa di Anv (Assemblea nazionale veneta) e Anl (Assemblea nazionale lombarda), che hanno messo in programma l’organizzazione, a Venezia e a Milano, di due manifestazioni parallele volte a denunciare i “mille giorni di nulla” che ci separano da quella domenica del 22 ottobre 2017 che vide veneti e lombardi approvare la proposta di un cammino che avrebbe dovuto riconoscere più ampi margini di autogoverno a queste due regioni.
In quell’autunno vi erano moltissime ragioni per essere scettici, come d’altra parte fu confermato da una partecipazione al voto che – soprattutto in Lombardia – sarebbe potuta essere ben più alta. Questi quasi tre anni in cui tutte le forze politiche maggiori si sono alternate alla guida della Repubblica hanno confermato quelle perplessità assai diffuse.
Per giunta, la cosiddetta autonomia differenziata al cuore della discussione è “autogoverno” solo in forma molto larvata, dato che non immagina minimamente che ogni giurisdizione viva delle proprie risorse e che si apra la strada a una vera concorrenza tra territori, capace di responsabilizzarli tutti. Oltre a ciò, si resta entro un quadro di prerogative concesse dall’alto, che negano perfino quel riferimento al principio di sussidiarietà che pure è stato inserito in costituzione con la riforma del Titolo quinto.
Nonostante tutto, però, in particolare in Veneto la partecipazione fu quanto mai significativa, dato che l’insieme dei “sì” espressi al referendum finì per equivalere alla somma dei voti presi successivamente, nelle elezioni politiche, da tutti i partiti. Si volle, ancora una volta, dare fiducia alle istituzioni italiane, nella speranza che la ragionevolezza potesse prevalere sull’intrico di interessi e ideologie che impedisce ogni evoluzione.
C’erano molte buone ragioni per stare a casa, quel 22 ottobre. Eppure veneti e lombardi andarono in gran numero alle urne e dissero con chiarezza cosa volevano. Ancora una volta, però, questa classe politica italiana rinchiusa nel Palazzo ha ignorato le attese dei cittadini.
Ecco perché è una gran bella notizia questa convocazione da parte di due realtà politiche (ma non partitiche) come Anv e Anl di tutti i lombardi e i veneti di buona volontà, desiderosi di veder rinascere le loro comunità. Dal Brennero fino a Lampedusa, infatti, c’è bisogno di libertà, autogoverno, responsabilità, concorrenza istituzionale. Ed è significativo che l’iniziativa sia stata presa da due realtà associative che, fin dal loro nome, evocano le battaglie combattute in questi anni dall’Assemblea nazionale catalana e dal suo presidente, Jordi Sanchez, tuttora detenuto nelle carceri spagnole dopo una condanna a nove anni di prigione.
Saranno soprattutto i veneti ad andare a Venezia e i lombardi ad andare a Milano, certamente. Sarebbe però molto bello, e questo è proprio lo spirito di Nuova Costituente, che in queste due città confluissero anche cittadini di altre realtà territoriali, perché ogni libertà strappata al Potere è un successo per tutti. Quanti in questi anni si sono appassionati alle battaglie catalane contro il sovranismo madrilista non possono che guardare con speranza e simpatia a questa nuova voglia di autogoverno che, come nel caso della Catalogna, può favorire una trasformazione radicale dell’Europa intera.
D’altra parte, già la scelta di Anv e Anl di agire in simbiosi è uno straordinario segnale che va proprio in questa direzione. La manifestazione del 18 luglio non poteva che riguardare tali realtà territoriali, dato che quel referendum si tenne solo in Veneto e Lombardia; si tratta, però, di un messaggio che Venezia e Milano, le comunità venete e quelle lombarde, lanciano al Palazzo romano e all’insieme dei territori che compongono la Repubblica. È una denuncia del nulla che ha fatto seguito al voto e quindi pure del vuoto di una politica politicante che non sa dare risposte.
Bisognerà quindi essere in tanti, il 18 luglio, a Venezia e a Milano. Senza portare con sé bandiere di partito, ma solo stendardi con i colori delle nostre terre, del nostro passato, della nostra tradizione. Il futuro ha radici antiche.