Tesi precongressuale in vista del 25 aprile 2022 e del Primo Congresso
di Carlo Lottieri
Viviamo una fase per tanti aspetti terribile. Stiamo constatando come le istituzioni liberali che ritenevamo a garanzia dei nostri diritti siano soltanto gusci vuoti: incapaci di tutelare alcunché. In quasi ogni direzione assistiamo a un degrado della nostra vita civile, dato che le comunità locali sono private di ogni vera capacità di autogoverno, mentre ogni pretesto è buono (si tratti della salute, del clima, della crisi economica o del terrorismo internazionale) per conculcare diritti che ritenevamo inviolabili.
Per questo c’è bisogno di una società più viva, reattiva, resistente, dissidente. E per questo c’è dunque bisogno di Nuova Costituente e del suo progetto che punta a svuotare le logiche della sovranità statale nazionale per fare riemergere la vera solidarietà tra quanti vivono in un medesimo territorio e condividono luoghi e tradizioni.
A mio parere, Nuova Costituente deve esistere, rafforzarsi e crescere in modo tale da favorire ogni processo di autoaffermazione delle periferie. Oggi la Repubblica Italiana è un vasto e anonimo carcere, che impedisce ai sardi, ai veneti, ai siciliani, ai liguri, ai campani e ai lombardi (e a tutti gli altri) di prendere nelle proprie mani il loro destino. E l’attuale Costituzione è uno degli strumenti nelle mani dei carcerieri.
La Costituzione del 1947 è l’opera di morti che pretenderebbero di vincolare, ora e sempre, l’esistenza dei vivi. È una sovrastruttura che va messa da parte, in modo che il libero incontro delle volontà di quanti oggi popolano la penisola e le isole possa delineare forme sociali e istituzionali nuove.
Per giunta, siamo nel mezzo di trasformazioni drammatiche.
I due anni di pandemia hanno evidenziato come le classi dirigenti – in Italia e altrove – stanno costruendo un nuovo potere. La vecchia sovranità nata dalla guerra e dalla conquista, e poi reinventata grazie a logiche prima nazionaliste e poi social-collettiviste, oggi sta ponendo le basi per uno Stato del controllo.
L’introduzione del green pass è un segnale ben chiaro, così come lo fu – dieci anni fa – l’introduzione da parte dell’Agenzia delle Entrate del programma Serpico, che permette alla burocrazia pubblica di conoscere ogni nostra scelta che riguardi i conti bancari. Se George Orwell richiamò l’attenzione sul possibile moltiplicarsi delle telecamere (come in effetti è avvenuto), ora dobbiamo fare i conti con una sorveglianza molto più sofisticata, che punta a dominare tutti e ciascuno.
Se pochi giorni fa il governo fascio-progressista di Justin Trudeau ha imprigionato la leader del dissenso, Tamara Lich, e poi ha fatto presente a chiunque contesti l’attuale esecutivo che il potere è in condizione di bloccare ogni conto corrente, è chiaro che siamo in un mondo nuovo che esige forme nuove di lotta e mobilitazione, analisi e alleanze.
Le classi dirigenti corrotte (quel mix tra politici, alta burocrazia, imprese colluse e intellettuali al servizio del Principe) ci vorrebbero condurre in una società della trasparenza e dell’opacità: in cui la società deve essere sempre visibile dagli uomini di governo e quest’ultimo deve essere, invece, impenetrabile e incomprensibile. Per giunta, essi mirano a costruire poteri sempre più lontani (su base continentale o addirittura globale), così che la voce di ognuno di noi si faccia sempre più flebile e diventi inutile ogni nostro tentativo di operare criticamente.
Questo disegno è chiaro da tempo e ora si sta rafforzando grazie al fatto che molte delle grandi imprese sono ormai talmente collegate al denaro pubblico e alla regolamentazione di Stato da rappresentare, in molti casi, apparati sostanzialmente parastatali: una zona grigia che è sempre schierata con le parole d’ordine del potere, e mai con la resistenza di chi s’oppone a esso.
Soprattutto, come abbiamo chiaramente visto con la pandemia (che è soltanto un anticipo di quello che potrebbe succedere con il pretesto del riscaldamento globale), le nuove aristocrazie vogliono creare un quadro sociale nel quale ogni diritto sia soltanto una concessione dall’alto. In questo modo, nessuno avrà mai il coraggio di sfidare lo status quo, dato che verrebbe messo ai margini e, alla fine, sostanzialmente annullato nella sua capacità di agire e reagire.
Nuova Costituente nasce per riportare alla luce le comunità locali, per ricreare concorrenza tra giurisdizioni, per responsabilizzare ogni attore istituzionale e far sì che nessuno viva parassitariamente, per tutelare le differenti culture e sensibilità. È al tempo stesso necessario che questo obiettivo “strutturale” – perché un’Europa di città e regioni sarebbe molto più incontrollabile per le classi dirigenti rapaci del nostro tempo – non impedisca di cogliere le sfide di questi giorni.
Per questa ragione è importante che Nuova Costituente scelga – qui e ora – da che parte stare. E oggi a mio parere quanti credono nelle libertà fondamentali degli uomini (e per giunta credono che tali libertà siano meglio tutelate in un quadro istituzionale che vede molte giurisdizioni competere tra loro) devono fare tutto il possibile per avversare l’alleanza di destra, centro e sinistra che sostiene questa rimodulazione tecnosanitaria, securitaria, basata su un’idea di sorveglianza totale, espropriatrice e a vocazione totalitaria dello Stato moderno.
In questi anni, tutte le forze politiche dell’attuale parlamento hanno operato contro i diritti delle comunità e dei singoli: nessuna esclusa. E oggi il gioco di alcune delle piccole formazioni emerse dallo sgretolarsi di questo o quel partito che provano a candidarsi come interpreti del diffuso disagio, ma soltanto per incanalare la protesta e controllarla, screditare ogni autentica espressione di dissenso, riconsegnare al regime politico qualsivoglia forma di opposizione.
In primo luogo, Nuova Costituente deve guardare al suo alveo culturale e politico naturale, che è quello dei movimenti indipendentisti e autonomisti, dei libertari e dei nemici della sovranità statale. Dobbiamo essere riconosciuti come una casa comune o, quanto meno, come interlocutori seri e credibili. Se il nostro obiettivo è far sì che queste culture abbiano voce e inizino a costruire un percorso verso il superamento del presente e della sua Costituzione, è cruciale che quanti da sempre interpretano queste esigenze sappiano conoscersi, dialogare, capirsi, allearsi. Forse non è scontato che i secessionisti lombardi sappiano interloquire con quelli siciliani, ma è fondamentale che inizino a farlo. Forse non è scontato che quanti sognano una Sardegna indipendente in nome di una visione comunitarista sappiano intendere le esigenze dei libertari schierati a difesa di diritti individuali naturali (e viceversa), ma bisogna muoversi perché ciò avvenga.
In secondo luogo, poiché questa non è una fase “normale” da nessun punto di vista, è necessario valutare l’ipotesi di individuare interlocutori che, pur condividendo poco le nostre tesi, siano egualmente determinati a uscire da questa emergenza di diritti sospesi e/o annullati, di fine della privacy, di controllo crescente sulle nostre vite, di ricatti e minacce.
Sappiamo benissimo come questa via sia impervia: per tante ragioni. In effetti, non è facile intendersi con chi continua a restare entro le logiche del potere nazionale e sovrano, continua ad avversare la spontaneità di un’economia libera e aperta, non sente l’esigenza di sostenere le battaglie per l’autogoverno e l’autodeterminazione in Europa e in Italia. Ma soprattutto non è possibile distinguere tra quanti usano ora certi temi soltanto per ragioni di calcolo opportunistico e quanti, invece, credono effettivamente che sia necessario riaffermare il diritto alla libertà di cura e la proprietà sul proprio corpo, il pluralismo nella scienza e nella cultura, la necessità di tutelare la privacy di tutti noi insieme alla massima trasparenza degli apparati di Stato.
Questo percorso non è facile, ma egualmente va tentato.
Sarebbe una buona cosa se riuscissimo a dare un nostro contributo nella costruzione di un’alleanza tra realtà culturali diversissime (cattoliche e no, di destra e sinistra, sovraniste e secessioniste, ecc.), ma tutte orientate a porre fine a questo incubo sociopolitico in cui i governi Conte e il governo Draghi ci hanno cacciato.
Un’alleanza per l’immediata abolizione del green pass è necessaria per girare pagina e ridare diritti negati a quanti oggi non possono lavorare, studiare, avere una vita sociale, muoversi ed essere a pieno titolo parte della nostra società. Questa alleanza non può concretizzarsi in un nuovo partito o movimento, anche perché è bene che ognuno mantenga la propria identità. Può però permettere che abbiano “diritto di tribuna” culture politiche ed esigenze sociali che oggi sono represse dal conformismo di regime.
La mia proposta al Congresso del 25 aprile, quindi, è la seguente: proviamo a lavorare per raccogliere in Nuova Costituente tutti coloro che – come noi – hanno la piena consapevolezza di essere asserviti e deboli, a causa di questo dominio violento e ottuso; cerchiamo inoltre di collegarci il più possibile con quel ricco mondo di esperienze secessioniste e liberali, autonomiste e libertarie, volte all’autogoverno e al rinnovo della democrazia; costruiamo infine relazioni con chi non la pensa come noi su tantissime cose, ma condivide la nostra consapevolezza che l’attuale regime vada dissolto, se vogliamo avere un futuro e darlo a chi verrà dopo di noi.