Oggi non si parla di indipendentismo soltanto negli Stati Uniti.
Quando si esamina la situazione politica del Canada solitamente lo si fa per contrapporre la sua relativa stabilità a quanto avviene negli Stati Uniti. Spesso il Canada è ritratto come la versione più docile e socialmente stabile degli Usa e per questo esso è diventato il beniamino dei progressisti americani. Nel 2016, prese dall’isteria del successo dell’ex presidente Donald Trump, anche alcune celebrità statunitensi hanno ipotizzato di trasferirsi in Canada. Tuttavia bisogna rilevare che la visione convenzionale che abbiamo dei Paesi stranieri può essere abbastanza fuorviante.
Gli ultimi tempi sono stati piuttosto animati in Canada. La controversia ha preso il via dopo la scoperta di presunte fosse comuni dei nativi collocate vicino ai vecchi siti di quattro scuole residenziali indiane canadesi nelle province di Manitoba, British Columbia e Saskatchewan. Anche se ci sono sempre più prove che queste scoperte non attestino alcun atto genocida subito dalle popolazioni indigene del Canada, la sinistra radicale ha subito sfruttato la cosa e l’ha usata per bruciare chiese e abbattere i monumenti di alcuni famosi personaggi della storia di tutto il Canada.
La tiepida risposta del governo canadese a questa ondata di violenza ha ricordato a molti canadesi quanto i leader di Ottawa non siano in sintonia con l’elettorato di destra delle province occidentali del Canada. L’ultima ondata di iconoclastia della sinistra probabilmente aggiungerà ulteriore carburante al fuoco separatista le cui braci covano da tempo nelle praterie canadesi.
La crescente insoddisfazione delle praterie canadesi verso il governo federale.
Tradizionalmente il separatismo canadese è stato associato ai movimenti politici della provincia francofona del Québec, che vorrebbero separarsi dal Canada anglofono e formare la loro Nazione. Tuttavia alcune parti del Canada anglofono, e in particolare l’Alberta, non vedono di buon occhio Ottawa e la sua visione culturale progressista.
Collocata tra la British Columbia e il Saskatchewan, con il Montana che confina a sud, l’Alberta ha sperimentato un senso di ‘alienazione occidentale‘, considerandosi esclusa dal dibattito politico, che spesso è dominato dalle province centrali dell’Ontario e del Québec.
Da quando il primo ministro Justin Trudeau è entrato in carica, nel 2015, i gruppi politici della destra canadese si sono così polarizzati e hanno assunto un atteggiamento talmente disincantato rispetto agli assetti tradizionali che oggi stanno accarezzando, in Alberta, l’idea della indipendenza. Tale conflitto ha una componente culturale e una economica.
Tra le province della prateria l’Alberta si caratterizza per il suo spirito indipendente. Nella corrispondenza che ha trattenuto con me, Fergus Hodgson -direttore dell’organizzazione EconAmericas e specialiste delle questioni politiche interne del Canada- ha più volte sottolineato le marcate differenze culturali e ideologiche dell’Alberta rispetto alle più popolose e cosmopolite Ontario e Québec.
Hodgson ha evidenziato come esista una cultura caratteristica, venata di un robusto individualismo, che in Alberta non è troppo dissimile da quella degli Stati americani del West montagnoso: Wyoming, Montana e Idaho. Al contrario il Canada ‘laurentiano’ (Ontario e Québec) adotta completamente le tendenze prevalenti, dominate dal politicamente corretto, delle regioni metropolitane di tutto l’Occidente. Per la sinistra alla moda del Canada laurentino, l’Alberta è una provincia arretrata che non è stata sufficientemente assimilata dal nuovo spirito del politicamente corretto. Al fine di raggiungere tale obiettivo universalistico, lo Stato canadese dovrà probabilmente condurre sempre più interventi terapeutici, così da ‘correggere’ le carenze dei cittadini recalcitranti dell’Alberta.
La natura polarizzante della politica energetica canadese.
In termini di economia energetica, gli interessi dell’Alberta e di Ottawa (la capitale canadese) non potrebbero essere più distanti. La mania dell’energia verde è forte nel grande Nord e ha irritato non poco i canadesi delle praterie, che per il loro sostentamento dipendono dall’industria del gas naturale. Secondo i dati del governo canadese,l’Alberta ha prodotto il 71% del gas naturale commerciato in Canada. È il caso di ricordare che il Canada possiede le terze maggiori riserve di petrolio al mondo, che sono principalmente concentrate nelle sabbie bituminose di Alberta e Saskatchewan.
Le tensioni in tema di politica energetica tra il governo federale canadese e le sue province occidentali hanno radici profonde. Su ‘World Politics Review‘, Grant Wyeth ha esaminato in maniera dettagliata come, nei primi anni Ottanta, Ottawa e le province canadesi occidentali si siano scontrate a più riprese, quando il padre di Justin Trudeau -l’allora primo ministro Pierre Trudeau- istituì un programma energetico nazionale il cui scopo consisteva nel mantenere bassi i costi energetici per i consumatori canadesi, dare ai settori industriali del Canada una base energetica affidabile, redistribuire le entrate dell’industria petrolifera a tutto favore delle province più povere del Paese. Quest’ultima parte del piano fece infuriare le province occidentali, che in ciò videro l’appropriarsi da parte di Ottawa di un potere economico e politico (anche se questo comportava un loro indebolimento economico e politico).
Le tensioni tra Ottawa e Alberta non stanno venendo meno.
Alla luce dei loro contrastanti interessi, che l’Alberta e Ottawa si dirigessero verso uno scontro era inevitabile. Le tensioni tra Ottawa e Alberta sono arrivate al loro culmine nel 2019, quando il premier dell’Alberta, Jason Kennedy, ha presentato la sua proposta per un tavolo di lavoro che avrebbe discusso in merito a uno scenario nel quale la provincia occidentale avrebbe assunto un ruolo più importante nella gestione del programma pensionistico, della polizia e della spesa pubblica, creando così una maggiore distanza tra sé e Ottawa. Kennedy non è un sostenitore della secessione, ma la sua proposta di far ottenere dall’Alberta una maggiore autonomia nella gestione dei suoi affari interni è parte di un più ampio senso di insoddisfazione nei riguardi del governo centrale: un sentimento di distanza ed estraneità che è molto forte delle province della prateria.
L’Amministrazione attuale, guidata da Trudeau, ha continuato a mettere in crisi le relazioni economiche tra Ottawa e le province occidentali. In un articolo apparso su ‘Mises.org‘, Andrew Allison ha osservato che «il veto di Trudeau sul Northern Gateway Pipeline, la sua proposta di vietare la plastica monouso e l’introduzione della carbon tax» sono tutte scelte che hanno causato più di un mal di testa agli abitanti dell’Alberta. Non possiamo neppure tralasciare le dure chiusure del governo centrale in tema di Covid-19: una mossa che ha contribuito senza dubbio ad aumentare la polarizzazione della politica canadese, mentre le piccole imprese sono state costrette a chiudere i battenti e la classe lavoratrice deve ora sopportare l’ansia conseguente alla disoccupazione. La classe dirigente di Ottawa, come tutte le classi dirigenti di quei centri imperiali tanto distaccati dalle loro periferie, crede di sapere cosa sia il meglio per gli altri canadesi, indipendentemente dai costi che sono associati alle sue scelte politiche.
Oltre alle misure politiche economicamente dannose a cui Ottawa ha sottoposto i cittadini dell’Alberta, va aggiunto che l’attuale regime canadese non è certo un esempio di protezione delle libertà civili. Al momento, il governo canadese sta conducendo in porto una legge sull’odio on-line che è piena di quei tipici criteri nebulosi che sempre accompagnano le riflessioni sui ‘discorsi d’odio’: un concetto che evolve quotidianamente per includere pure ogni comunicazione che metta a disagio il ceto politico. Quando a questo s’aggiunge l’ingerenza del governo federale canadese e la sua ostilità verso l’industria del gas naturale delle province occidentali, non è una sorpresa che i cittadini dell’Alberta vedano sempre più il governo di Ottawa come una forza di occupazione che non prende in seria considerazione le loro esigenze locali.
Gli abitanti dell’Alberta stanno cominciano a vedere i costi economici e sociali del quadro politico in cui si trovano e si stanno rendendo conto di non avere molto in comune con il regime canadese, per come s’è definito nella sua forma attuale. Sulla base di tutte queste cose, essi hanno molti buoni motivi per essere esasperati. L’allettante proposta di separarsi dal resto del Canada non sembra così inverosimile, una volta che si siano soppesati in maniera attenta i costi sociali ed economici legati al restare all’interno dell’attuale unione.
Per quanto riguarda ciò che l’opinione pubblica pensa in merito all’ipotesi di una separazione dal Canada, un sondaggio del maggio del 2020 condotto dalla Northwest Research ha indicato che il 41% degli interpellati era a favore di un referendum sull’indipendenza, mentre il 50% sarebbe contrario e il 9% sarebbe indeciso. Mentreè possibile che nel breve termine gli abitanti dell’Alberta possano non essere pronti al salto verso l’indipendenza, un sentimento di questo tipo esiste e potrebbe certo rafforzarsi nel corso del tempo.
[La versione originale, in lingua inglese, di questo articolo è apparsa sul sito del Mises Institite in data 26 luglio 2021: ‘Canada’s Left Is Pushing Some Albertans To See the Benefits of Secession‘]. Traduzione di Carlo Lottieri.
Pubblicato al link https://lindro.it/canada-l-alberta-tentata-dalla-secessione/