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(ossia: le vostre domande più frequenti)

Questo movimento propone il superamento della Costituzione italiana vigente. L’idea centrale è che ognuna delle popolazioni che compongono la Repubblica invii una propria delegazione e che tali rappresentanze discutano tra loro una nuova carta. Il risultato finale, però, dovrà poi essere approvato dai vari territori e sarà la nuova costituzione solo delle comunità regionali che l’accetteranno con la maggioranza dei voti espressi.

L’obiettivo è di non avere più “istituzioni prigioni”, così che la partecipazione a un ordine costituzionale sia sempre il frutto di un’adesione volontaria.

La domanda va al cuore del problema, dato che pochi sembrano avvertire che sia indispensabile restituire alle comunità territoriali la possibilità di definire le proprie istituzioni, lasciando che l’esito sia aperto. Il risultato finale, infatti, sarà delineato dalle preferenze e dalle scelte dei cittadini elettori e dei loro delegati.

In questo senso, se è vero che un’assemblea costituente ha il compito di scrivere una costituzione, questo movimento ha scelto di definirsi Nuova Costituente perché il documento che verrà realizzato dovrà poi essere messo al vaglio di ogni comunità e dove non otterrà la maggioranza dei voti validi, quella comunità dovrà costituirsi in Stato indipendente e darsi una sua costituzione.

Questo movimento nasce con l’obiettivo di mettere al centro la periferia e si basa sull’idea che tanto più il governo è vicino al cittadino, quanto è meglio è. In questo senso, è evidente che l’obiettivo che s’intende perseguire è quello di rivitalizzare in primo luogo i comuni, e poi anche le province e le regioni.

Al fine di raggiungere tale obiettivo e allo scopo di smantellare la struttura centralista del presente assetto giacobino, si è ritenuto necessario puntare sulle regioni: che sono realtà relativamente forti e strutturate, in grado di poter contrastare lo Stato centrale.

Per questo motivo, il processo di riformulazione delle istituzioni poggia sulle attuali 19 regioni e sulle due province autonome, così che nell’assemblea costituente ogni articolo debba essere approvato da una maggioranza qualificata di queste realtà.

Tra quanti aderiscono a Nuova Costituente vi sono idee assai diverse in merito all’Unione.

Taluni guardano a Bruxelles come a un potere in grado di indebolire gli attuali Stati nazionali, ma soprattutto ritengono che le libertà di movimento dei beni e delle persone siano acquisizioni da proteggere.

Altri, invece, sottolineano soprattutto come oggi l’Europa sia concepita a partire dagli Stati nazionali e come una loro emanazione. Lo si è visto dinanzi alla crisi catalana, quando in occasione del referendum dell’ottobre del 2017 invece che schierarsi con quanti volevano votare per decidere del loro presente e del loro futuro l’Unione ha considerato le violenze del governo spagnolo come un “affare interno”.

Non c’è dunque una posizione condivisa sul tema, anche se a quasi tutti appare evidente che un ripensamento delle istituzioni dell’Italia, che fu uno dei principali paesi all’origine del processo di unificazione continentale, modificherebbe la stessa Europa e porrebbe le basi per un ordine basato su piccole comunità in concorrenza tra loro.

Dal momento che propone un’assemblea che convochi i rappresentanti dei territori affinché discutano ed elaborino una nuova carta costituzionale, il progetto di NC può difficilmente essere etichettato in un senso o nell’altro. Uno degli sforzi di NC, al contrario, consiste proprio nel persuadere liberali e socialisti, conservatori e progressisti, che questo passaggio di rifondazione è indispensabile, se non si vuole sprofondare ancora di più di quanto non sia avvenuto negli ultimi cinquant’anni.

Anche se c’è da attendersi che sarà presto bollata come un’iniziativa di taglio “nordista” (dato che l’autogoverno delle comunità, negli ultimi decenni, è stato chiesto più dal Nord che dal Sud), il progetto di una costituente dei territori non vuole discriminare nessuno, né si propone di fare gli interessi di una parte a danno dell’altra. Per i promotori del manifesto che è alla base del progetto, l’autogoverno è una necessità di ogni area.

Tutti i territori che oggi compongono la Repubblica devono essere responsabilizzati e vanno lasciati liberi di definire le proprie regole, così da competere tra loro nel modo più proficuo.

Come la libertà non è a vantaggio di qualcuno ma è un diritto fondamentale di tutti, analogamente è bene che ogni comunità possa gestirsi da sé, sapendo pure imparare dai propri errori.

No. Nuova Costituente nasce per realizzare un progetto preciso, ossia per ridare alle comunità territoriali quel potere costituente che non ebbero neppure nel 1946, dato che il processo di elaborazione della carta fondamentale era segnato da logiche nazionaliste ereditate dal Risorgimento e poi dal Fascismo.

In fondo, il progetto politico di NC è semplice: ci si vuole battere per ottenere una costituente dei territori, che delinei un assetto istituzionale e lo metta al vaglio di tutte le realtà regionali. Questa prospettiva non implica, di per sé, alcuna scelta di campo, dato che si può volere che la Sicilia o il Veneto si governino da sé per ragioni culturali oppure sulle base di valutazioni di ordine giuridico ed economico.

In linea di massima, per giunta, le due cose procedono assieme, dato che la rinascita delle diversità culturali esige proprio quella libertà che è costantemente soffocata all’interno di uno Stato nazionale e accentrato.

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