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Il patto sociale e il caso triestino

25 Giugno 2020 nuovacostituente Federalismo, Italia

Perché dobbiamo obbedire alle leggi dello Stato anche quando le riteniamo ingiuste? Solitamente, la risposta che viene data a questa domanda è che l’individuo è tenuto a rispettare le norme giuridiche del Paese in cui si trova in virtù del patto sociale che avrebbe sottoscritto e che prevede determinate regole del gioco, tra cui, rispettare le norme stabilite secondo le procedure previste dalla norma fondamentale, cioè la Costituzione. Il problema che si pone allora è di far sì che il singolo individuo sottoscriva veramente il patto fondativo, altrimenti è davvero difficile pretendere il rispetto di quanto richiesto: pacta sunt servanda, ma le adesioni di nonni e padri non possono valere per i figli, a meno di non entrare in un’ottica di costrizione, in cui i figli, privati della loro libertà, subiscono decisioni di altri individui prese decine e decine di anni fa. Ecco perché secondo Thomas Jefferson, padre fondatore degli Stati Uniti d’America e attento lettore di John Locke, la Costituzione e l’adesione ad essa andrebbe rinnovata ad ogni generazione. Anche Lysander Spooner (1808- 1887), anarchico individualista americano, autore dell’agilissimo volumetto No Treason No. 6 (in italiano, la Costituzione senza autorità, il Melangolo), sostenne che la Costituzione può vincolare al massimo chi l’ha effettivamente sottoscritta e se non è stata quindi sottoscritta dal singolo, qualsiasi azione indesiderata del governo verso di lui è paragonabile del tutto a quella di una banda di ladri.

In Italia, nel 1946 i cittadini italiani votarono per l’Assemblea Costituente ma non furono mai chiamati ad approvarla. Una volta che la coalizione vincente di democristiani, socialisti e comunisti l’ebbe stesa, essa entrò in vigore il 1 gennaio 1948, senza alcuna forma di sottoscrizione popolare. Il caso dei cittadini triestini è ancora più complesso: dopo la Seconda Guerra Mondiale, dopo l’occupazione per 40 giorni della città da parte dei comunisti yugoslavi del maresciallo Tito, a Trieste giunsero gli Alleati e venne costituito un Governo Militare Alleato che mantenne le redini dell’amministrazione della città fino al 1954. I cittadini triestini quindi non solo non votarono alcuna approvazione della Carta Costituzionale, ma nemmeno per l’Assemblea Costituente.

Se questa situazione si è protratta tra numerose difficoltà e distorsioni per decine di anni, oggi emergono sempre più charamente le contraddizioni e l’inadeguatezza di un governo centrale coercitivo incapace di tener conto delle diverse situazioni locali di fronte all’emergenza dell’epidemia e della crisi economica. La Costituzione italiana, rigida ed immodificabile, imposta 72 anni fa, che alcuni chiamano incomprensibilmente “la più bella del mondo”, richiede di essere riscritta, per essere messa al passo coi tempi e perché si possa veramente parlare di adesione libera ad un patto fondativo. In questo senso, la proposta di una Nuova Costituente in cui possano intervenire i rappresentanti dei vari territori, in un momento in cui il modello dello Stato nazionale centralista pare davvero messo in crisi, o almeno in discussione, rappresenta un’occasione da non perdere.

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