Nelle scorse settimane l’associazione Repubblica di Genova ha spedito al “Secolo XIX”, il principale quotidiano ligure, un testo volto a ricordare un episodio cruciale della storia moderna: quella battaglia condotta dai genovesi – nel corso del XVII secolo – per impedire ai Savoia di conquistare le comunità liguri.
Come si poteva prevedere, il giornale non ha dato spazio a quella riflessione. Da parte nostra, siamo lieti di ospitarla.
Nell’ottica di un pluralismo culturale ed intergenerazionale, i grandi avvenimenti del passato si propongono quali modelli della nostra contemporaneità. L’ ARGe, Associazione Repubblica di Genova, è impegnata nel recupero e nella valorizzazione di quella data, il 10 maggio 1625, durante la quale ebbe luogo la battaglia del Monte della Vittoria.
In quel giorno di quasi 400 anni fa la comunità ligure rischiò tutto per sconfiggere Carlo Emanuele I, duca di Savoia, e liberare una gran parte del nostro territorio, già occupato dalle truppe franco-piemontesi.
Partendo dalla Valle Scrivia, i savoiardi salivano verso l’attuale borgo della Vittoria decisi a valicare l’Appennino e conquistare Genova. Ad attenderli c’era un drappello di difensori provenienti dalla Val Bisagno, ai quali si era unita una manciata di paesani guidati dal rettore di Montanesi. A questi in seguito si aggiungeranno le milizie accorse dalla Val Polcevera. Il risultato fu che, dopo molte ore di lotta, Carlo Emanuele I fu costretto a ripiegare. In seguito, sul posto verrà costruito un Santuario dedicato alla Madonna della Vittoria.
Per oltre 350 anni il 10 di maggio e il relativo Santuario della Vittoria saranno il giorno ed il luogo nel quale l’universo tradizionale ligure festeggerà, con la liberazione dall’invasore, la speranza allusiva data dalla nuova primavera e dall’inizio della stagione agricola dello sfalcio dei foraggi.
Oggi, che la memoria storica è uscita dall’ordine del giorno e lo stesso mondo agricolo in qualche modo quasi non esiste più, sul 10 di maggio e sul Santuario della Vittoria è scesa una coltre di silenzio. Eppure quella è la data delle date. Le comunità liguri, intimamente e irriducibilmente “repubblichiste” e “resistenti”, non vollero soccombere ed essere egemonizzate dall’occupante monarchico e straniero. C’è poi un filo rosso, quello dello spirito di Resistenza, che lega le antiche città, i borghi e la gente comune di Liguria alla più moderna esperienza di lotta partigiana contro i nazi-fascisti. Non c’è insomma soluzione di continuità in questo percorso di libertà lungo quasi quattro secoli.
Per questo è importante che noi liguri non dimentichiamo il 10 maggio: il giorno in cui è stato sconfitto quell’autoritarismo militaresco che già allora, nei territori piemontesi, stava ponendo le premesse per una crescente standardizzazione della società.
Converrà ricordare quella data, anche perché, se oggi viviamo liberi, lo dobbiamo pure a quel giorno.
Purtroppo la Repubblica ha cessato di esistere con il congresso di Vienna del 1815 a causa del comportamento di Lord Castlereagh, il ministro degli esteri inglese, che insieme al suo sodale Metternich ha regalato la nostra Repubblica ai Savoia. Quella dinastia ha governato per 130 anni tutta l’Italia, con i risultati ben noti.
In conclusione di pare opportuno riportare un passo estratto dal bellissimo libro di Harold Nicolson, intitolato Il congresso di Vienna.
In un abile discorso tenuto il 13 febbraio 1815, Samuel Whitbread sostenne che gli alleati avevano fatto del loro meglio per “disonorare” il Congresso di Vienna. Citò Genova come un caso tipico.
Dopo aver letto il testo del proclama di Lord William Bentinck dell’aprile 1814, Whitbread dichiarò che per la Gran Bretagna, che era stata considerata durante la guerra come il campione della vera libertà, consentire all’annessione di Genova da parte di una monarchia “tanto imbecille quanto corrotta” costituiva incoraggiare ancora il pubblico brigantaggio.
Lord Castlereagh, per aver consentito a questo nuovo atto di spoliazione, sarebbe stato “condannato dal tribunale della storia”.
Ing. Eugenio Ceroni, presidente di ARGe