Nel corso delle ultime settimane la formula “Che fare?”, con cui Lenin s’interrogava sul futuro della strategia rivoluzionaria del proletariato (riprendendo il titolo di un romanzo di Cernysevskij), è tornata a più riprese nelle discussioni riguardanti il progetto politico di Nuova Costituente. L’ultima volta è successo nel corso di una conversazione on-line organizzata da “Reagire per le libertà”, per iniziativa di Tommaso Romano e Nino Sala. Dopo avere manifestato la loro volontà di aderire al manifesto “Per una nuova Costituente”, i due intellettuali palermitani si sono infatti anche domandati quale possa essere la strategia più efficace per uscire dal disastro presente e iniziare a costruire una società basata sull’autogoverno, sulla responsabilità di ogni città e territorio, sul diritto di essere “padroni a casa propria”.
Già in precedenza, in un dialogo intrattenuto con molti di coloro che hanno collaborato a far procedere l’iniziativa, quel quesito s’era imposto con forza. Qualsiasi ipotesi politica può anche essere convincente e allettante, ma se non trova una propria forma di affermazione e se non si traduce in un percorso concreto rischia d’altra parte di essere del tutto inutile.
Nel confronto interno a Nuova Costituente sono emerse diverse ipotesi, non necessariamente in contraddizione.
Una tesi (chiamiamola “tesi A”) vorrebbe che il disegno di NC, che punta a liberare tutti le comunità locali e impostare ogni futuro rapporto su quello che gli indipendentisti catalani chiamano il dret a decidir, dia vita a un partito vero e proprio. Qualcuno vorrebbe organizzare sezioni, costruire un minimo di apparato, impostare un efficace strumento di raccolta delle risorse. Quanti sostengono questa tesi non sono ingenui né sprovveduti: sanno bene quanto un’impresa di questo tipo sia difficile. Reputano, però, che valga la pena di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e di scommettere sulla bontà del progetto, da un lato, e sull’incapacità ad affrontare i problemi reali da parte del sistema partitico attuale (Pd, Lega, M5S, Fratelli d’Italia, ecc.), dall’altro.
A varie riprese altri amici hanno sostenuto la “tesi B”, secondo cui NC sarebbe in grado di svolgere un ruolo importante rimanendo un luogo di elaborazione di idee, tesi, progetti, prospettive. Può darsi che in futuro le cose cambino, ma ora varrebbe la pena – viene detto – di continuare a seminare: tanto più che le tesi del localismo, della concorrenza istituzionale, del federalismo e del diritto di ogni comunità a tornare padrona del proprio futuro (potendo definirsi tale, in primo luogo) sarebbero ancora molto minoritarie.
Qualcuno ha pure ipotizzato una strategia entrista: la “tesi C”. In questo caso, il “Che fare?” di Lenin troverebbe una soluzione bizzarramente trockista, dato che furono proprio i seguaci del capo bolscevico ucciso in Messico nel 1940 ad adottare il seguente stratagemma, accedendo a varie organizzazioni politiche con l’obiettivo di modificarle dall’interno. In fondo, la maggior parte dei partiti attuali non ha alcuna cultura politica e quindi non è escluso che un piccolo gruppo coeso possa anche incidere in maniera significativa sulla direzione di questo o quel soggetto.
Pur avanzando idee contrastanti, tutti hanno avvertito la difficoltà del momento. Se tesi tanto diverse sono emerse è perché, in questo stallo generalizzato, chi vuole allargare gli spazi di libertà in qualche modo non sa dove sbattere la testa.
La discussione, è chiaro, resta aperta. Le ipotesi sul tavolo restano tutte in qualche misura valide, ma è egualmente vero che sarà lo svilupparsi delle cose a dire dove stiamo andando. I Romani amavano ricordare che ex facto oritur ius: il che significa che sono i fatti alla fine a decidere le cose. Ma, in questo caso, di quali fatti stiamo parlando?
Molto dipende, ovviamente, dal quadro generale. La possibilità d’indirizzarsi verso questa o quella ipotesi – e soprattutto quella più ambiziosa, che vorrebbe fare di NC un attore protagonista in prima persona della scena pubblica – è legata all’evoluzione generale della situazione italiana. Il manifesto di NC è sorto durante il lockdown più duro e sulla base di una previsione, finora non confermata dai fatti: che la crisi istituzionale, sociale ed economica avrebbe spazzato via i responsabili di questo sfacelo. Siamo però soltanto all’inizio e tutto può ancora succedere.
È pure necessario che quanti sono interessati a NC s’impegnino di più. Anche solo questo blog fatica a crescere e fatica a ricevere contributi scritti: talvolta neppure quando sono sollecitati. Se non ci sarà più voglia di fare e maggiore entusiasmo, e quindi non si inizierà a fare davvero…, non avrà proprio senso domandarsi “che fare?”. NC è un luogo entro il quale ognuno può trovare un proprio spazio di iniziativa. Bisogna però imboccarsi le maniche e iniziare a costruire: partendo dalle piccole cose.
Infine, è importante ricordare che – nonostante le difficoltà – non si è affatto soli. Non soltanto mi capita di ricevere inviti da più parti (che accetto volentieri ogni volta) ad intervenire per far conoscere la prospettiva di NC, ma c’è soprattutto un positivo fermento di iniziative localiste e anche di sforzi per raccordarle. Ad esempio, il 19 e il 20 marzo la federazione “Autonomie e Ambiente” terrà la propria assemblea generale, dando così l’opportunità a friulani, siciliani, toscani, aostani e altri d’incontrarsi e discutere. Mi è stato di inviare un messaggio: lo farò.
Più che ragionare troppo sulla direzione da prendere quando ci si troverà di fronte a un bivio, allora, sarebbe proprio il caso di cominciare a camminare con più speditezza verso quella direzione che sta a cuore a tutti. Quello che potremo essere e diventare, d’altro canto, lo scopriremo solo vivendo.