Momento storico a Trieste: previsto in uno dei punti franchi vigenti l’insediamento dell’azienda British American Tobacco, colosso mondiale del tabacco. Si parla di 500 milioni di euro di investimento in 5 anni e 2700 posti di lavoro comprendendo l’indotto. Erano anni che da Trieste le aziende soltanto andavano via: Stock, Dreher, Theresianer sono soltanto alcuni dei grandi nomi di fabbriche che hanno lasciato il capoluogo giuliano nel corso degli anni. Il progetto prevede la realizzazione di linee di produzione volte a ridurre l’impatto sulla salute: nuove sigarette elettroniche e prodotti sostitutivi della nicotina per citare due esempi. Decisive per la BAT sono state la presenza della nuova zona franca presso Bagnoli della Rosandra e la tradizione di ricerca ed innovazione della città. Abbiamo intervistato a riguardo Arlon Stok, candidato sindaco per il municipio triestino della lista indipendente Podemo.
Cosa ne pensa dell’insediamento della British American Tobacco?
“Si tratta di una proposta di investimento di cui andrà monitorata la realizzazione, ma quanto dichiarato finora è positivo; rispetto al pessimo progetto di laminatoio proposto in un’area poco distante, in questo caso l’uso degli spazi appare più che sensato, prevedendo 600 occupati diretti – assieme ad oltre un migliaio di indiretti – in un’area di soli 2 ettari. Essendo gli spazi triestini molto limitati, è infatti importantissimo massimizzarne l’efficienza.”
Secondo Lei a chi si può attribuire il merito?
“Il merito va attribuito (come dichiarato da BAT stessa) principalmente alla posizione geografica di Trieste, che è ideale per progetti che coinvolgano tutto il Centro-Europa. Ma, prima di tutto, penso che non si tratti di un caso che lo stabilimento sarà realizzato proprio in un’area che fa parte della tuttora incompiuta Free Zone di Trieste. La storia di quel punto franco, segnata da non poche irregolarità, è troppo complessa per riassumerla brevemente, ma si tratta pur sempre di una parte del Porto Libero di Trieste. Ed è proprio esso a fare da protagonista, com’è sempre stato nei capitoli di successo della storia industriale triestina.”
Cosa possiamo aspettarci in futuro dopo questo caso?
“Il punto franco in cui è previsto l’insediamento è oggi fisicamente distaccato dal resto della Free Zone triestina. Questo non ha alcun senso, dal punto di vista logistico innanzitutto. Affiancando questo al fatto che la stessa Free Zone può, secondo le leggi in vigore, essere ampliata in modo estremamente facile e rapido, quest’ampliamento va fatto quanto prima, in modo da estenderla a tutte le zone industriali ed artigianali che si trovano nei dintorni, assieme agli amplissimi terreni ancora da bonificare. Il che avrebbe il vantaggio di conferire i privilegi del Porto Franco, che purtroppo rimangono nella quasi totalità solo sulla carta (ma che vanno applicati con urgenza), non solo a multinazionali ad hoc come in questo caso, ma anche e soprattutto a moltissime medie e piccole imprese triestine. Ricordo che questi benefici, che ci spettano di diritto, prevedono, fra le altre cose, il non pagamento di alcuna tassa, imposta o accisa che non corrisponda a dei servizi resi all’azienda.”
Cosa potrebbe fare l’amministrazione comunale per favorire altri insediamenti analoghi?
“La materia non è interamente comunale, ovviamente. Ma è necessario che all’interno del Comune vi siano persone preparate a riguardo e abbastanza coraggiose da affrontare quest’argomento con decisione. Ad oggi, con l’economia in crisi da decenni, Trieste genera entrate pubbliche per oltre 4,2 Miliardi (dati 2019), a fronte di poco più di 3 Miliardi di spesa pubblica. Questa è la realtà finanziaria di una città-porto in crisi, figuriamoci a pieno regime. Ma secondo i trattati internazionali, per fare un esempio, tutti i proventi generati dal Free Port devono rimanere a Trieste, e si parla di centinaia di milioni ogni anno. Questo non è opzionale, ma è un obbligo che i governi di Roma si sono assunti decenni fa. Il recupero di questi fondi, assieme a politiche volte all’allargamento della nostra Free Zone, che teoricamente può essere estesa all’intero territorio di Trieste, sono due direttrici fondamentali, di cui il Comune di Trieste dovrebbe e dovrà farsi promotore. Noi di Podemo in questa campagna elettorale sembriamo essere (e lo dico con dispiacere) gli unici ad avere le nozioni e la motivazione necessaria per procedere a riguardo, ma starà solo ed esclusivamente ai triestini decidere, con le prossime elezioni comunali, se fare in modo che il progetto della BAT non sia un caso isolato, ma solamente l’inizio di un percorso di prosperità.”