Contributo al dibattito precongressuale di Nuova Costituente
di Aurelio Mustacciuoli
Io sono un libertario.
Due anni fa ho scritto un libro, “La Teoria della Forza Guardiana”, che voleva essere una serie di riflessioni su come uscire dalla degenerazione statalista della nostra democrazia. Nello stesso periodo ho aderito a Nuova Costituente firmandone il manifesto e ho avuto modo di scambiare alcune idee con Carlo Lottieri sulla strada più efficace per un cambiamento (trovate questo scambio su Libplus.it ai seguenti link https://libplus.it/piu-autonomia-ai-territori-e-meno-centralismo-una-proposta-politica-a-nuova-costituente-da-parte-di-forza-guardiana/ e https://libplus.it/perche-e-come-forza-guardiana-e-nuova-costituente-possono-cooperare-di-carlo-lottieri/ ).
Poi c’è stata la svolta liberticida impressa con la pandemia che ha provocato una vera e propria sospensione della nostra vita e ha imbrigliato progetti e aspirazioni. Ciò mi ha portato a rivedere in parte le mie idee e a convincermi della bontà del progetto di Nuova Costituente, cui vorrei fornire questo contributo congressuale.
Le conclusioni alle quali sono giunto si possono sintetizzare in quattro punti.
- Non ci si può sottrarre alla lotta politica.
C’è un corposo numero di libertari che ritiene che la degenerazione della democrazia italiana in senso statalista sia inarrestabile e che pertanto esista solo una “soluzione individuale”. Questa dovrebbe concretizzarsi nel minimizzare i rapporti con lo stato e gli statalisti e concentrarsi unicamente a creare risorse individuali per sé e per la propria famiglia e a proteggerle dalla rapacità statale. Creare e proteggere risorse è senz’altro una buona strategia, tuttavia, non può esistere una “soluzione individuale”. Per diversi motivi.
Perché ciò ci costringerebbe all’isolamento, o addirittura all’esilio, e a limitare i rapporti con la maggior parte di conoscenti e parenti. Perché non occuparsi dello stato non farà sì che lo stato non si occupi di noi, e saremo costretti ad una logorante e frustrante guerra di trincea. Perché non opporsi alla cultura dominante statalista e non promuoverne una antistatalista renderà la prima sempre più forte.
Ma soprattutto, per provare a dare un lascito alle prossime generazioni, che non vuol dire le migliori condizioni economiche individuali in un mondo in rovina, ma buone condizioni di partenza (economiche, culturali e morali) in un mondo migliore e vitale.
Ma se non ci si può sottrarre alla politica, l’unico progetto a cui oggi si può partecipare è un progetto che si pone l’obiettivo di indebolire lo stato, e l’unico modo possibile di farlo è di competere con lui per sottrargli potere e attribuirlo alle più piccole unità amministrative. La forza si bilancia con la forza. - Il liberalismo ha fallito.
I liberali si sono illusi che lo stato potesse essere tenuto al guinzaglio e che lo “stato minimo” fosse un obiettivo perseguibile. Oggi la progressiva esasperata statalizzazione di tutte le democrazie moderne sta a testimoniare il totale fallimento di questa ideologia politica. Lo stato non si può contenere, è una macchina che alimenta se stessa, un piano inclinato verso il socialismo e il totalitarismo.
Guardando al nostro paese, poi, non si vedono in campo ideali liberali e nemmeno conservatori, si vede solo una melassa trasversale di partiti statalisti guidati da burocrati illiberali che portano avanti politiche centraliste e populiste e, in ambito europeo, perseguono il rafforzamento di una europa intesa come “democrazia globale”, promotrice di un “ordine globale”.
Un’azione politica che, nei fatti, è la sterminatrice del ceto medio e delle libertà individuali. - Il libertarismo è stato completamente frainteso.
Il libertarismo avrebbe dovuto costituire l’anima del liberalismo, invece è stato da molti visto come una scienza politica che potesse dar forma un partito politico. Ma non può esistere un partito libertario, perché il libertarismo non è una scienza politica, ma un’etica sociale.
In particolare, un’etica che crede esistano valori non negoziabili, come la proprietà del proprio corpo, la proprietà privata, il libero mercato, la libertà di espressione, il divieto di aggredire. Valori che abbiamo visto crollare miseramente sotto la presunta eccezionalità, prima della pandemia, ora della guerra, domani della crisi energetica ed economica. Valori, però, che se non vengono affermati in modo radicale, evaporano.
Vorrei ricordare le parole oggi attualissime di M. Rothbard che nell’Etica della Libertà scrive: “lo scienziato politico contemporaneo crede di poter evitare la necessità dei giudizi morali e di poter contribuire a dar forma alla politica pubblica, senza impegnarsi in alcuna posizione etica definita. E tuttavia, ogni volta che viene avanzata una qualsiasi proposta politica, per quanto ristretta o limitata, allo stesso tempo, volenti o nolenti, si pone un giudizio etico più o meno valido. La differenza tra lo scienziato politico e il filosofo politico è che le valutazioni morali dello scienziato sono nascoste e implicite, (…) e quindi è più probabile che siano incoerenti. (….). Al fine di costruire una politica pubblica, pertanto, si deve costruire un sistema di etica sociale o politica. Nei secoli passati, questo era il compito decisivo della filosofia politica. Ma nel mondo contemporaneo, la teoria politica, nel nome di una scienza spuria, ha bandito la filosofia morale e si è resa sterile come guida per l’uomo che si interroga” (pg 41,42 l’Etica della libertà, Liberilibri).
Ecco, oggi nessun partito politico costruisce una politica pubblica basandosi su un sistema di etica sociale libertaria, e i risultati, totalmente incoerenti e spesso “ingiusti”, sono chiaramente visibili.
Oggi è diventato indispensabile che l’etica della libertà di Rothbard inizi a soffiare come fosse aria fresca nella società e nella politica, per spazzare via l’aria viziata dalle idee collettiviste e socialiste che nullificano l’individuo. Senza di essa tutti i partiti politici sono sovrapponibili e tutti non fanno altro che promuovere una socialdemocrazia a diversa intensità di rosso. - La democrazia è come la fisica quantistica, sembra funzionare solo in scala ridotta.
Le democrazie si sono affermate come forme statuali dominanti. E tuttavia è un fatto che più una democrazia è territorialmente estesa, più è destinata a fallire.
Così come una stella che oltre una certa massa è destinata a collassare in un buco nero, così una democrazia più è grande, più non riesce a far operare con efficacia quelle che Calhoun chiama le “maggioranze concorrenti”, che dovrebbero porre un veto alla dittatura della maggioranza. Purtroppo, la grandezza e la globalità sono gli obiettivi degli stati democratici che non esitano a ricorrere alla violenza per stroncare qualunque desiderio di autodeterminazione dei popoli. Stati protetti e perpetuati dalle loro Costituzioni spacciate per “contratto sociale”; un contratto nullo, perché privo della clausola più importante, quella di recesso.
Al contrario, piccole unità di governo democratico, non solo consentono con più facilità di “votare con i piedi” ma riescono meglio delle grandi a mantenere quel contatto tra governante e governato che riduce il rischio di derive stataliste.
Alla luce di queste convinzioni il mio specifico contributo programmatico al congresso di Nuova Costituente si concretizza in due soli punti.
- Nel micro, uomini invece di ideologie.
Abbandoniamo l’ideologia di partito, abbiamo visto infatti che al di là delle parole sono tutti statalisti, più o meno socialisti.
Focalizziamoci sugli uomini e su una politica che nasce dal territorio per affermare più autonomia e indipendenza dal potere centrale.
Promuoviamo la formazione di liste civiche costruite intorno all’autorevolezza di singole personalità che lavorano per la buona amministrazione locale e federiamole sotto la bandiera di Nuova Costituente.
Il nostro nemico sarà l’ordine globale del World Economic Forum e la democrazia globale della Clinton.
L’obiettivo sarà l’Europa delle regioni, meglio, dei comuni, con la massima frammentazione possibile del potere sul territorio.
In questo sforzo è auspicabile che un’etica libertaria possa informare molti, ma si dovrà rinunciare a considerarla come condizione escludente. Se infatti l’obiettivo è sottrarre allo stato la maggior quantità possibile di potere amministrativo sul territorio, perché la forza si bilancia con la forza, si deve poter ottenere un consenso popolare che oggi non può essere raggiunto intorno a un’etica politica che è assente nella società.
Il consenso andrà costruito intorno agli uomini e ai programmi, non alle ideologie politiche. Nella consapevolezza che tante ideologie locali sono meglio di una sola ideologia globale e che tante piccole unità amministrative, alcune pur anche a trazione socialista, possono fare meno danni di quanto, su larga scala, potrebbe fare un’unica democrazia che si spacci per essere liberale. - Nel macro, ideologia invece di uomini.
Parafrasando una bella sintesi di Carlo Lottieri, “si può anche essere socialdemocratici a Rovigo, ma si deve essere libertari a Roma”.
Pertanto, nella sua aspirazione a diventare una forza politica nazionale Nuova Costituente dovrà mantenere la promessa di totale rottura con la politica del passato. E tale rottura non potrà che esprimersi attraverso un’azione politica che a livello nazionale persegua esclusivamente due obiettivi:
A) la riforma dell’assetto istituzionale, ovvero il superamento del limite Costituzionale imposto dall’articolo 5 che impedisce la secessione dei territori;
B) la riduzione della Spesa Pubblica, che vuol dire la riduzione dei poteri dello stato.
Solo ed esclusivamente questi. Qui non contano gli uomini, conta una solida ideologia condivisa. Conta il prendere atto che il nostro stato NON è minimo, e fare l’unica cosa che si dovrebbe fare in questa situazione, togliergli potere. Invece, oggi chi fa politica cerca la visibilità personale con proposte populiste e collettiviste che si risolvono tutte nello spostare l’asticella della spesa e del controllo sociale ancora più in là, ovviamente in cambio di un ruolo in tragedia.
Vorrei concludere questo contributo dicendo quello che io intendo fare a livello personale per essere coerente con questa impostazione.
Da un lato intendo impegnarmi sul territorio in cui ho deciso di vivere, Pantelleria, per provare a darle una nuova amministrazione, il più possibile autonoma, che punti a una economia di sviluppo e non a una economia parassitaria di sussistenza, come invece è oggi.
Dall’altro intendo trasformare Forza Guardiana nella ICLU (Italian Civil Liberties Union), un’associazione per la difesa dei diritti naturali, ispirata da un’etica libertaria, che vigili, come un guardiano appunto, per evitare che la politica possa continuare a limitare e sospendere le nostre libertà.
E auspico di cuore che questo spirito “guardiano” possa informare l’azione politica di Nuova Costituente